Quei giorni perduti a rincorrere il vento



11 gennaio 1999: si spegneva a Milano il cantante e chitarrista genovese Fabrizio de André. A lui si devono alcune delle più belle pagine della musica italiana, da "Via del Campo" ad "Amico fragile", da "Creüza de ma" a "La domenica delle salme".
Finezza poetica, voce vibrante, anima anarchica, le sue canzoni hanno descritto quattro decenni di trasformazioni politiche e sociali durante l'epoca della Prima Repubblica, senza tralasciare i temi cari alla tradizione del cantautorato italiano, quali le guerre, le religioni, la povertà e "gli ultimi".
La redazione di Sketch lo ricorda con questa canzone, "Amore che vieni, amore che vai", tratta da uno dei migliori album della musica d'autore italiana, "Volume III".
Vi lasciamo con una massima dell'artista genovese:
"Benedetto Croce diceva che fino all'età di diciotto anni tutti scrivono poesie. Dai diciotto anni in poi, rimangono a scriverle due categorie di persone: i poeti e i cretini. E quindi io, precauzionalmente, preferirei considerarmi un cantautore".

La redazione


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