No turning back
"Camminare con un amico al buio è meglio che camminare da
soli alla luce". È con questa frase della scrittrice americana
Helen Keller che, a distanza di più di un mese e nella data del
settantaduesimo compleanno di David Gilmour, riusciamo a trovare le
parole per consigliare il viaggio intrapreso dalla redazione di
"Sketch. Tutta un'altra musica!" al MACRO
di Roma, per ammirare e capire la mostra "Their
mortal remains: the Pink Floyd exhibition". Non abbiamo
trovato incipit migliore per descrivere ciò che abbiamo visto,
sentito e provato. E, di conseguenza, la prima cosa che ci sentiamo
di consigliare su questa esperienza è di farla con qualcuno.
Perché? Perché la musica è condivisione di emozioni.
Inizia il nostro viaggio audiovisivo: il suono duro, ripetitivo,
del basso di Roger Waters in "One of these days" si fonde
meravigliosamente con il battito del cuore che apre "Dark side
of the moon", in uno spazio musicalmente “in nuce”, ma allo
stesso tempo sognante e surreale. Negli anditi di un labirinto
musicale disordinatamente ordinato -in una perfetta
ed equilibrata fusione tra le luci psichedeliche dei
primi esperimenti musicali, le delicate atmosfere di metà anni
Settanta e le ombre di fine carriera- muoviamo i primi passi verso il
"Family tree" del gruppo, incontrando locandine di fine
anni Sessanta, cimeli appartenuti ai componenti della band,
chitarre, dipinti e le opere del primo frontman dei Pink Floyd:
l'artista, il genio, e le testimonianze del declino di Roger Keith "Syd"
Barrett.
Il nostro viaggio continua in un vortice di sensazioni sonore e
visive oniriche: le note di "Echoes", "Time" e
"Shine on you crazy diamond" accompagnano le
fotografie del backstage, la strumentazione e i macchinari
originali utilizzati durante i concerti.
Il perfetto equilibrio artistico si compie con “The great gig in
the sky”: il suono primitivo, notturno, selvaggio, implosivo ed
esplosivo allo stesso tempo, di un urlo che racchiude la vita e,
intrinsecamente, la morte.
Proseguendo il percorso, percepiamo le ossessioni di Roger Waters
in “The Wall” in ogni angolo della sala; ossessioni sulla guerra,
la morte, il dispotismo e la rigida educazione inglese, così forti
da schiacciare la libertà compositiva degli altri componenti della
band, ma non abbastanza da impedire a David Gilmour di
consegnare alla storia della musica il maestoso assolo di
"Comfortably numb" prima del “taglio finale”.
Durante tutto il viaggio siamo immersi nel design delle copertine elaborate dallo studio fotografico Hipgnosis. L'arte di Storm Thorgerson e Aubrey Powell tocca il suo culmine negli angoli tra “Animals”, “The Wall” e “The final cut”.
In un'epoca in cui non è azzardato coniare – via Bauman – il termine di “musica liquida” per definire “le opere musicali segnate dalla fluidità e dall'incertezza del Web, tali che l'ascoltatore/consumatore rischia di perdere il controllo sulle opere stesse che sta ascoltando, non capendone il significato” (N.d.A.), questa mostra è la testimonianza di quanto importante sia ancora oggi capire l'idea che sta dietro l'opera dell'artista, nonché il riappropriarsi del supporto “fisico” dell'album musicale.
“The Wall” è entrato nell'immaginario collettivo come album di culto anche grazie alla sua copertina intrisa di significati politici, etici e artistici. Una semplice riproduzione via Web di “Another brick in the wall” priverebbe la canzone stessa del suo significato e del suo significato all'interno dell'album, decontestualizzandola.
Il percorso continua con la terza e ultima stagione della carriera dei Pink Floyd: la solitudine, i rimpianti e infine la pace. Si prosegue così da “A momentary lapse of reason” fino a “The endless river”.
Il percorso continua con la terza e ultima stagione della carriera dei Pink Floyd: la solitudine, i rimpianti e infine la pace. Si prosegue così da “A momentary lapse of reason” fino a “The endless river”.
Finisce così il nostro viaggio.
Rimaniamo stupiti e allo stesso tempo soddisfatti
perché consapevoli di aver ascoltato, visto e percepito
una splendida emozione in Musica. Cosa rimane di questa
esperienza? Un viaggio sonoro e visivo condiviso con gli
amici che, come ogni grande emozione e come la Musica stessa dei
Pink Floyd, è senza possibilità di ritorno ma immortale.
Marco Scanu
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