La conquista del West
E ancora una volta siamo qui a scrivere sui Led Zeppelin. Tranquilli: se qui su non vedete un anziano ricurvo su sé stesso portare sulla schiena un covone di legna, va tutto bene. Pensavate una maestosa recensione sul quarto disco intrisa di misteri e anedotti dei quattro heartbreakers? Ebbene no.
Ammettiamolo: scegliere un disco dei Led Zeppelin per parlare di rock è, ormai, quasi banale. E se pensiamo che il disco di cui voglio parlarvi, tra l'altro, è uscito postumo alla morte di John Bonham (e per di più, una raccolta), queste righe suonano come un autogol. I puristi staranno già storcendo il naso.
Tuttavia, riflettiamo un attimo su due aspetti: che cos'è il rock se non energia, carica e movimento?! E dove si trovano questi elementi se non nell'adrenalina e nella vitalità dei concerti?!
Se, quindi, il rock è tutto questo, e se i Led Zeppelin sono stati per un decennio la punta di diamante dell'hard rock classico, ecco che sembra naturale parlare di -UN-LIVE-DEI-LED-ZEPPELIN.
Su tutti gli aggettivi che si potrebbero scrivere su How the west was won, quello più appropriato che mi viene in mente è: speciale. Sì perché questo disco contiene tutti gli elementi del rock, ma anche qualcosa in più. Un sound impeccabile, generi che si fondono tra loro ad arte, e una qualità audio straordinaria; il tutto avvolto dal calore entusiasmante del pubblico californiano.
La voce di Robert Plant non è mai stata così ruvidamente pulita; la chitarra di Page sfodera luccicanti e taglienti fraseggi musicali capaci di creare atmosfere oniriche e trascendentali, e la sezione ritmica di John Bonham e John Paul Jones si abbatte come uno scatenato e possente martello nei pezzi più hard della raccolta.
Fino a una vent'anni d'anni fa, Made in Japan dei Deep Purple veniva considerato come il capolavoro live per eccellenza in ambito hard-rock. Ma voi pensate che Jimi Page avrebbe lasciato volentieri questo primato ai colleghi di Hartford? Ovviamente no, e cosi, pescando dalle registrazioni del tour americano del 1972 (non a caso stesso anno di Made in Japan, il ché suona molto come una sfida), il chitarrista degli Zep produce nel 2003 questo album maestoso, pieno di luce e potenza: un'opera d'arte.
Lo spaccato di un'epoca d'oro per la musica: quattro ragazzi inglesi partiti alla conquista del West a suon di rock.
Ecco perché consiglio vivamente questo disco a tutti quelli che amano l'hard-rock (e non solo): perché un live come How the west was won è l'hard-rock. Come è stato e come deve essere; genesi e (forse) morte. O meglio, se ciò che muore lascia sempre un' eredità, questa è sicuramente, per il genere, la più pesante per qualsiasi gruppo che ancora oggi voglia fare "quel tipo" di rock.
E ora, dopo questo sketch, se non vi piace il rock, ricordate: c'è ancora tempo per cambiare strada.
Buon ascolto.
E ora, dopo questo sketch, se non vi piace il rock, ricordate: c'è ancora tempo per cambiare strada.
Buon ascolto.
Marco Scanu
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Complimenti Marco, proprio un bel lavoro. In bocca al lupo per il tuo blog!
RispondiEliminaGrazie. Le parole di incoraggiamento e i complimenti son sempre ben accetti. Continua a seguirci! 😎🎧
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