Polvere e ombra: parte prima


Bauladu, 2 agosto 2018, ore 23.00.
Il palcoscenico del piccolo e gremito anfiteatro del paese, incastonato fra le minuscole case del centro storico e la strada statale 131 Carlo Felice, è pronto ad accogliere lo spettacolo di un ospite che non può dirsi d’eccezione -in relazione ai consueti, elevati, standard del DuFestival- ma deve comunque intendersi e considerarsi assolutamente eccezionale nel senso della “deroga alla norma ordinaria” che è -da sempre- il segno distintivo del suo essere musicista, cantante, scrittore: Vinicio Capossela.

Vinicio sfugge a qualsiasi descrizione: un ritratto che volesse tracciare i contorni o materializzare lo spirito che lo muove, il genius, il suo personale nume, sarebbe del tutto approssimativo e comunque superficiale; definirlo equivarrebbe a limitarlo e contenerlo. 
Missione impossibile. Impossibile è anche il fatto che lui approfitti della situazione -oramai favorevole per atteggiarsi da star e cavalcare la “facile” onda del successo. Altri -i più- lo fanno o lo farebbero, se solo potessero. Lui no. Lui, prima che sia troppo tardi, sceglie di scomparire; lui opta -ogni volta- per la morte, consapevole del fatto che questo, in fondo, sia l’unico modo per rinascere, l’unico modo per sopravvivere. A Bauladu pare sia venuto -anche- per questo.

Sale sul palco senza farsi attendere, guarda il pubblico con aria sicura, fiduciosa, interessata e, rivolgendo agli entusiasti convenuti un sorriso, a 32 denti, ampio almeno centottanta gradi, e lungo quanto un lento e meraviglioso piano sequenza del maestro Antonioni -Michelangelo- immediatamente innesca la miccia e compie la magia.



“15 anni fa, iniziai a lavorare alle Canzoni della Cùpa e per un fortunato progetto del destino mi fermai a Cabras, dopo un concerto tenuto ad Oristano. Con un piccolo manipolo di musicisti, due francesi, un rumeno e un modenese, registrai nello studio Cutri queste canzoni. Credo che il paesaggio del Sinis abbia molto influito nel suono rurale e di frontiera che si respira nel disco. Sono rimasto così affezionato al luogo che ho voluto organizzare la presentazione del disco, quando è uscito, 13 anni dopo, proprio nel villaggio di San Salvatore. Ora vorrei chiudere questo cerchio con due concerti finali nei due luoghi in cui queste canzoni sono nate: il Sinis appunto -da cui Bauladu dista pochissimo (ndr)- e l’alta Irpinia, dove terremo il concerto per l’interramento del disco nell’ambito dello Sponz Fest 2018, il 25 agosto. Doppio il disco, doppia la nazionalità, doppia la chiusura. La formazione ospita alcuni dei musicisti originali: il violinista Fabrice Martinez, Glauco Zuppiroli e Riccardo Pittau”.



Vinicio è felice: lo si intuisce, lo si avverte immediatamente.
Felice come può e sa essere solo e soltanto chi conosce la strada di casa e non arriva mai a disdegnarla. La sua casa sono molte case, luoghi favolosi e sfavillanti o semplici ripari di fortuna che lui, cittadino del mondo, figlio di un mondo che non c’è più -o forse non c’è mai stato- non perde occasione di raccontare. L’abilità da narratore -sui generis- fa il resto.
Le sue storie -piccole o grandi poco importa- sono storie di tutti che in pochi conoscono; storie scritte su pagine che potrebbero sbiadire da un momento all'altro ma ancora resistono; storie che riemergono dal passato senza una vera ragione e attingono dai ricordi che si fatica a ricordare, dalla vita e dall’epopea di persone e personaggi indisponibili a soccombere alla severità e spregiudicatezza del tempo che passa e del tempo passato.
Lo sgangherato manipolo di “eroi” che ne deriva è dotato di innocenza, ingenuità, incoscienza, e capace di eccezionali atti di coraggio sui campi di battaglia in cui gli alfieri della distrazione e della distruzione difendono le ragioni di un oggi sempre più altezzoso, prepotente, sferzante e -sempre più- effimero, asettico, impersonale, globale; presidiano i presunti codici della presunta modernità.


Vinicio è felice: lo si capisce, lo si vede chiaramente.
Felice come può e sa essere solo e soltanto chi conosce le proprie radici, i propri rami e le proprie foglie; chi non si risparmia; chi ha dimostrato di saper fare e ha fatto i conti con gli scheletri del proprio immaginario, coi fantasmi che turbano le sue notti e uccidono il suo sonno; chi è capace di affrontare e affronta l’unico mostro più famelico del minotauro del labirinto di Cnosso, la bestia più feroce che esista: sé stesso, uomo e poeta.

Vinicio Capossela è un Uomo.
Vinicio Capossela è un Poeta.

Dino Serra

Tutti i diritti riservati © 

Commenti

Post più popolari